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Diffamazione on line – competenza per territorio Cass. Sez. V n. 31677\15

Reati commessi a mezzo della rete Internet.

La V Sez. della cassazione enuncia  il seguente principio di diritto in materia di competenza per territorio nel caso in cui vengano commessi reati di diffamazione on line:

“Nei reati di diffamazione commessi a mezzo della rete Internet, ove sia impossibile individuare il luogo di consumazione del reato e sia invece possibile individuare il luogo in remoto in cui il contenuto diffamatorio è stato caricato, tale criterio di collegamento, in quanto prioritario rispetto a quello di cui al comma II dell’articolo 9 cod. proc. pen., deve prevalere su quest’ultimo, cosicché la competenza risulta individuabile con riferimento al luogo fisico dove viene effettuato l’accesso alla rete per il caricamento dei dati sul server”.

Cass. Sez. V n. 31677\15

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Sequestro, confisca e procedura fallimentare – Cass. Pen. Sez. III Sent. n. 30484\15

La Terza Sezione Penale della Corte di cassazione, nella sentenza allegata, affronta il tema del rapporto tra i provvedimenti di sequestro e confisca del profitto del reato e la procedura fallimentare allorquando i provvedimenti di sequestro e confisca riguardino beni destinati a divenire di pertinenza della massa attiva di un fallimento.

La vicenda riguardava una Società per Azioni nei confronti della quale era stato contestato il reato di omesso versamento dell’Iva, ai sensi dell’articolo 10 ter, decreto legislativo n.74\2000, circostanza che aveva determinato il Gip territoriale a disporre il sequestro di rilevanti somme di denaro depositate sui conti correnti della società.

Poiché la società, nelle more, aveva avviato una procedura di concordato preventivo nell’ambito della quale il Tribunale Fallimentare aveva disposto il versamento di una somma pari ad €. 200.000,00, di gran lunga inferiore rispetto a quanto oggetto di sequestro penale finalizzato alla confisca (pari, invece, a circa €. 600.000,00), la società presentava, per il tramite del proprio difensore, istanza di dissequestro parziale delle somme in vinculis, al solo fine di garantire il deposito della somma eventualmente dissequestrata nella procedura di concordato preventivo, evitando, così, il fallimento della società. Avverso il rigetto dell’istanza da parte dei giudici aditi, esaurendo tutte le impugnazioni incidentali, la questio iuris approdava al  supremo Collegio, che, richiamando la giurisprudenza delle SS.UU., segnatamente la sentenza n. 11170\2015 Uniland,   affermava che la protezione accordata dall’ordinamento dei diritti del danneggiato dal reato e dei diritti acquisiti dai terzi in buona fede, non poteva riguardare “diritti di credito” eventualmente vantati da terzi, statuendo la preminenza della confisca sui diritti dei creditori.

La Corte di cassazione ha, in sostanza, affermato che la disciplina  positiva non parla di salvaguardia dei diritti di credito proprio perché si intendono salvaguardare soltanto i beni che, seppure provento di illecito, appartengano a terzi estranei al reato o, meglio, all’illecito commesso dall’ente (l’articolo 240 terzo comma c. p., d’altra parte, utilizza l’espressione “cose appartenenti“).

Il giudice penale, dunque nel disporre il sequestro o la confisca, dovrà valutare se eventuali diritti vantati da terzi siano o meno stati acquisiti in buona fede.

Il supremo Collegio, nel ritenere corretta l’impostazione dei giudici territoriali e, dunque, legittimo il rigetto dell’istanza di dissequestro, chiarisce, ancora, che coloro che si insinuano nel fallimento, vantando un diritto di credito, non possono essere ritenuti, per tale solo fatto, titolari di un diritto reale sul bene, perché sarà proprio con la procedura fallimentare che, sulla scorta delle scritture contabili e degli altri elementi conoscitivi propri della procedura, si stabilirà se il credito vantato possa o meno essere ammesso al passivo fallimentare.

Il curatore, nel contempo, individuerà tutti i beni che devono formare la massa attiva del fallimento, arricchendola degli eventuali esiti favorevoli di azioni revocatorie, e soltanto alla fine della procedura si potrà, previa vendita dei beni ed autorizzazione da parte del giudice delegato del piano di riparto, procedere all’assegnazione dei beni ai creditori. Soltanto in questo momento, pertanto, i creditori potranno essere ritenuti titolari di un diritto sui beni che potranno far valere nelle sedi adeguate.

Il creditore che non abbia ancora ottenuto l’assegnazione del bene a conclusione della procedura concorsuale, in definitiva, non può assolutamente essere considerato “terzo titolare di un diritto acquisito in buona fede” perché prima di tale momento egli vanta una semplice pretesa, ma non certo la titolarità di un diritto reale sul bene. Per tale motivo, perciò, legittimamente sugli stessi beni potranno insistere il sequestro penale prima e la confisca poi.

Nota redazionale a cura dell’avv. Marco Salerno

Cass. III Sez. Pen sent. 30484. 2015

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Paolo Troisi – La flessibilità del giudicato

Riceviamo e Pubblichiamo il gradito contributo  del Prof. Avv. Paolo Trosi sul tema della flessibilità del giudicato, oggetto dell’incontro di studi tenuto in data 23 aprile 2015 presso il STC di Cava de’ Tirreni nell’ambito dell’ VIII Corso di formazione organizzato dall’ISPEN.

Troisi – La flessibilità del giudicato penale nella recente evoluzione giurisprudenziale

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Cassazione penale sez. I ud. 19/09/2014. 44978 – ammissibilità deposito lista testi ex art. 468 cpp a mezzo fax

Il deposito in cancelleria della lista testimoniale di cui all’art. 468 c.p.p., comma 1, – ove non contenga anche la richiesta al giudice di autorizzazione alla citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici di cui al comma 2 dello stesso art. 468, per la quale è d’obbligo la forma rituale dell’istanza – può avvenire anche a mezzo di trasmissione con i mezzi tecnici quale il fax.

Cass. I Sezione 19.9.2014 n. 44978

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Sent. n. 85 del 10 giugno 2014 CNF sui limiti del diritto di difesa

Il diritto di difesa, certamente ampio e rigoroso in ordine al dovere di critica, anche severa, alla decisione giudiziale in occasione della proposizione dell’atto di impugnazione, che implica la necessità di porre in evidenza ogni carenza motivazionale, non deve comportare, però, offese e insinuazioni di fatti penalmente rilevanti sul giudice e la controparte.

Tale principio è stato affermato nella  sen­ten­za del Con­si­glio Na­zio­na­le Fo­ren­se, da­ta­ta 10 giu­gno 2014, n. 85, da cui può trarsi la seguente massima : Nel­l’am­bi­to della pro­pria at­ti­vi­tà di­fen­si­va, l’av­vo­ca­to deve e può espor­re le ra­gio­ni del pro­prio as­si­sti­to con ogni ri­go­re uti­liz­zan­do tutti gli stru­men­ti pro­ces­sua­li di cui di­spo­ne e ciò mas­si­ma­men­te nella fase del­l’im­pu­gna­zio­ne, atto di­ret­to a cri­ti­ca­re anche se­ve­ra­men­te una pre­ce­den­te de­ci­sio­ne giu­di­zia­le e ciò rap­pre­sen­tan­do con la mag­gio­re ef­fi­ca­cia pos­si­bi­le la ca­ren­za di mo­ti­va­zio­ne del prov­ve­di­men­to im­pu­gna­to. Tut­ta­via, il di­rit­to della di­fe­sa in­con­tra un li­mi­te in­su­pe­ra­bi­le nella ci­vi­le con­vi­ven­za, nel di­rit­to della con­tro­par­te o del giu­di­ce a non ve­der­si of­fe­so o in­giu­ria­to: sog­get­ti nei con­fron­ti dei quali non de­vo­no es­se­re uti­liz­za­te espres­sio­ni di­ret­te con­sa­pe­vol­men­te ad in­si­nua­re la esi­sten­za di con­dot­te il­le­ci­te o la vio­la­zio­ne del fon­da­men­ta­le do­ve­re di im­par­zia­li­tà, do­ven­do­si man­te­ne­re con il giu­di­ce un rap­por­to im­pron­ta­to a di­gni­tà e de­co­ro sia con ri­fe­ri­men­to alla per­so­na del giu­di­can­te che al suo ope­ra­to e alla fun­zio­ne eser­ci­ta­ta; l’e­ser­ci­zio del di­rit­to di cri­ti­ca non deve mai tra­va­li­ca­re in una cen­su­ra­bi­le de­plo­ra­zio­ne del­l’o­pe­ra­to del di­fen­so­re, delle con­tro­par­ti e del giu­di­can­te.

massima a cura dell’avv. Marco Salerno

Sent CNF 2014-85

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Art. 671 cpp. patteggiamento in continuazione con sentenza passata in giudicato per reato meno grave rispetto a quello per cui si procede.

Il parere professionale svolto dall’avv. Fabio Sorà, pubblicato nella Sezione COMMENTI, si riferisce alla soluzione di un caso pratico risolto dalla prassi.  I quesiti posti, cui è stata data risposta affermativa, sono i seguenti:

  1. È possibile l’unificazione tra uno o più reati anche quando il reato della sentenza passata in giudicato sia meno grave rispetto a quello oggetto di giudizio pendente?
  2. E’ possibile ricorrere al predetto istituto anche quando il reato per cui si procede è stato commesso successivamente al passaggio in giudicato della sentenza emessa per il reato che s’intende porre in continuazione?
  3. 671 patteggiamento in continuazione
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