SS.UU. N. 32351 DEL 22 LUGLIO 2014
Nella sentenza del 22.07.2014 n. 32351 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affrontato l’interessante questione concernente l’applicabilità dell’oblazione all’ipotesi in cui l’originaria contestazione, elevata nel capo di imputazione e relativa ad un reato per il quale non è consentita né l’oblazione ordinaria ex art. 162 c.p., né quella speciale di cui all’art. 162 bis c.p., con la sentenza, viene modificata dal giudice, che, provvede d’ufficio, ai sensi dell’art. 521, co. 1, c.p.p., ad attribuire al fatto una diversa qualificazione, che, invece, consentirebbe l’applicazione del beneficio. La vicenda, dalla quale è scaturita la sentenza in commento delle SS.UU., riguardava l’ipotesi in cui l’imputato era stato tratto a giudizio per la violazione dell’art. 44, lett. b) del D.P.R. N. 380/2001, mentre poi era stato condannato per il reato meno grave previsto nella lettera a). Conseguentemente, in sostanza, con il ricorso per cassazione avverso detta sentenza, il difensore dell’imputato si doleva del fatto che la sentenza impugnata, avendo riqualificato il reato sussumendolo nell’ambito di una fattispecie che avrebbe potuto essere definita con l’oblazione, era censurabile nella parte in cui aveva irrimediabilmente precluso all’imputato la possibilità di accedere all’oblazione.
Il quesito sottoposto alle Sezioni Unite, cui il ricorso è stato trasmesso dalla terza sezione penale, originaria assegnataria, è del seguente tenore: “Se la restituzione nel termine per proporre la domanda di oblazione trovi applicazione solo nel caso in cui la modifica della imputazione avvenga ad opera del pubblico ministero ovvero anche nella ipotesi in cui sia il giudice ad attribuire al fatto una diversa qualificazione giuridica, che consenta l’applicazione dell’oblazione, prescindendo dalla preventiva richiesta dell’imputato”.
A tal riguardo le Sezioni Unite, dopo aver operato un’attenta e profonda disamina dei diversi orientamenti ed affrontato in maniera puntuale la connessa problematica della modifica del capo di imputazione, ha affermato il seguente principio di diritto “Ove la contestazione elevata nei confronti dell’imputato faccia riferimento ad un reato per il quale non e’ consentita ne’ l’oblazione ordinaria di cui all’articolo 162 c.p., ne’ quella speciale di cui all’articolo 162 bis c.p., qualora l’imputato ritenga non corretta la relativa qualificazione giuridica del fatto e intenda sollecitare una diversa qualificazione che ammetta il procedimento di oblazione di cui all’articolo 141 disp. att. c.p.p., e’ onere dell’imputato stesso formulare istanza di ammissione all’oblazione in rapporto alla diversa qualificazione che contestualmente solleciti al giudice di definire, con la conseguenza che – in mancanza di tale richiesta – il diritto a fruire della oblazione stessa resta precluso ove il giudice provveda di ufficio, a norma dell’articolo 521 c.p.p., comma 1, ad assegnare al fatto la diversa qualificazione che consentirebbe l’applicazione del beneficio, con la sentenza che definisce il giudizio”.
In conclusione, dalla suddetta pronuncia emerge che è onere dell’imputato, laddove ritenga non corretta la qualificazione giuridica del fatto oggetto dell’imputazione, rappresentarlo al Giudice in contraddittorio con il P.M. e formulare, a pena di decadenza, rispetto a tale ritenuta diversa formulazione giuridica, istanza di oblazione. In assenza di tale richiesta, infatti, l’imputato non potrebbe più beneficiare di tale diritto, laddove il giudice provveda d’ufficio con la sentenza, ai sensi dell’art. 521, 1°co., c.p.p., ad assegnare al fatto una diversa qualificazione giuridica, che consentirebbe l’applicazione del suddetto beneficio.
Massima a cura dell’Avv. Carla Lauretano