Con questa pronuncia, le Sezioni Unite della Suprema Corte – dopo aver ricostruito la storia della legislazione in materia di prostituzione ed evidenziato le distinzioni tra l’ipotesi in cui vi sia una “parte lesa” maggiorenne ovvero una “vittima” minorenne – hanno esaminato la nozione di «induzione alla prostituzione minorile», in relazione alle due fattispecie criminose previste e punite dall’art. 600 bis c.p. Nelle diverse formulazioni della norma richiamata, più volte rimaneggiata dal legislatore, sono sempre state distinte la condotta di chi induce alla prostituzione una persona di età inferiore ai diciotto anni e la condotta di chi compie atti sessuali con minorenni.
In particolare, alle Sezioni Unite è stato chiesto se il concetto giuridico di «induzione alla prostituzione minorile» possa dirsi integrato nell’ipotesi di relazione sessuale dietro compenso con un unico adulto, in assenza di intermediari e/o sfruttatori. Sul punto, chiarito che – a differenza della prostituzione di persona maggiorenne – nel caso dei minori è sempre impossibile considerare “libera” la scelta di scambiare la propria fisicità contro denaro e che, conseguentemente, il minore deve essere reputato sempre e comunque una vittima, la Suprema Corte ha statuito che la condotta di induzione alla prostituzione minorile di cui all’art. 600 bis, comma 1, c.p. – per essere penalmente rilevante – deve essere sganciata dall’occasione nella quale l’agente è parte del rapporto sessuale ed oggettivamente rivolta ad operare sulla prostituzione esercitata nei confronti di terzi. Dunque, perché si configuri il reato de quo, non deve esserci identità tra induttore e fruitore delle prestazioni sessuali, consistendo l’induzione nell’attività di chi determina, persuade o convince il minore a concedere il proprio corpo per pratiche sessuali da tenere non con il persuasore, ma con terzi che non si identifichino con l’induttore. Il cliente mero fruitore del sesso a pagamento, invece, sarà punibile ai sensi del comma 2 della medesima norma incriminatrice.
In conclusione, le Sezioni Unite, rispetto al quesito di diritto formulato dalla sezione rimettente, hanno ritenuto configurabile l’ipotesi delittuosa di induzione alla prostituzione minorile in presenza di una promessa o dazione di denaro o altra utilità dotata di valenza persuasiva tale da spingere il minore ad effettuare prestazioni sessuali a favore di terzi; non potrà, invece, ritenersi sussistente tale reato quando la promessa o dazione di denaro o altra utilità miri a convincere il minore ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente col soggetto agente, il quale sarà, piuttosto, perseguibile per il reato di cui all’art. 600 bis, comma 2, c.p.
Massima a cura dell’avv. Carmela Bonaduce
Cassazione penale sez 16207.13